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Il collodio umido, un po’ di storia
tratto da “Storia della fotografia” di Beaumont Newhall.
Nel 1851 una nuova era ebbe inizio nella tecnica fotografica con la scoperta di un metodo per sensibilizzare le lastre di vetro con sali d’argento mescolati al collodio. Nello spazio di un decennio il nuovo metodo sostituì completamente i due procedimenti del dagherrotipo e del calotipo, e regnò incontestato nel mondo della fotografia fino al 1880. […]. Il collodio è una soluzione viscosa di nitrocellulosa in alcool ed etere.
Si asciuga rapidamente e forma una pellicola dura, impermeabile; fu usato inizialmente in medicina per proteggere piccole lesioni della pelle.
Archer aggiunse al collodio ioduro di potassio e con la soluzione ricoprì una lastra di vetro. Poi, a una luce attenuata, immerse la lastra in una soluzione di nitrato d’argento.
Gli ioni d’argento si combinarono con gli ioni di iodio e formarono lo ioduro d’argento sensibile alla luce all’interno
del collodio. Espose la lastra, mentre era ancora umida, nell’apparecchio fotografico.
Poi la sviluppò nell’acido
pirogallico, la fissò con iposolfito di sodio, la lavò, la asciugò.
Tutte queste operazioni dovevano essere compiute rapidamente, prima che il collodio si asciugasse e divenisse impermeabile alle soluzioni richieste dal procedimento.
Perciò il fotografo non poteva essere troppo lontano da una camera oscura.
Se fotografava all’aperto, doveva portare con sé qualcosa di simile a una camera oscura, di solito un carro coperto o una tenda, prodotti chimici e tutta l’attrezzatura necessaria per il procedimento – la macchina fotografica, i supporti per le lastre, nonché l’indispensabile treppiede, poiché i tempi di esposizione erano così lunghi che non era possibile tenere l’apparecchio in mano. […]
Al Conservatorio della Fotografia si terrà un workshop il 4 -5 luglio 2015 per la tecnica di ripresa al Collodio Umido con il maestro
BENIAMINO TERRANEO
fotografo e stampatore di fama internazionale. Grande esperto di collodiotipia e dagherrotipia.
A chi è rivolto il corso.
Il workshop è pensato per approfondire gli aspetti tecnici e pratici del collodio umido in tutte le sue parti.
La maggior parte del tempo verrà dedicato alla pratica, in modo tale che il partecipante che ha già sperimentato la tecnica possa consolidarla, mentre chi vi si avvicina per la prima volta possa acquisirla in modo dettagliato.
Argomenti e sperimentazioni pratiche.
Durante la prima giornata formule e maturazioni della soluzione di collodio, il pomeriggio si passerà alla dimostrazione pratica del procedimento, ad iniziare dalla pulizia (fase fondamentale per ambrotipo e negativo) per passare alla stesura manuale della soluzione di collodio su una lastra, la quale verrà esposta, sandracca e all’inserimento della lastra in un montaggio conservativo.
Nella seconda giornata, i partecipanti potranno realizzare immagini al collodio umido (un banco ottico messo a disposizione dell’insegnate).
Alcuni approfondimenti della tecnica. Saranno proposte alcune varianti moderne derivate ottocentesche.
Cosa dovranno portare i partecipanti.
I partecipanti al corso possono portare un banco ottico personale 4×5” con obiettivi, esposimetro e cavalletto. Chassis standard universale Fidelity 4×5”.
Se non fossero in possesso di tale attrezzatura, sarà messo a loro disposizione un banco ottico
A tutti i partecipanti verrà consegnato il manuale di TECNICA DI BASE per negativi, ambrotipia e ferrotipia a cura di Beniamino Terraneo.
Beniamino Terraneo ha studiato fotografia con autorevoli maestri quali Cole Weston,
George Tice, Reinard Wolf e i coniugi Sudre, perfezionando le tecniche di ripresa e di camera oscura, specializzandosi in particolare nei procedimenti ottocenteschi.
Ha prodotto diversi progetti fotografici ed esposto in numerose mostre personali, in Italia e all’estero. Ha collaborato al progetto Osserva.Te.R. della Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura realizzando varie pubblicazioni e libri d’artista.
Nei primi anni ‘80 apre a Milano un laboratorio professionale per la stampa fine-art bianco-nero, collaborando con fotografi di fama internazionale come Helmut Newton, Fabrizio Ferri, Albert Watson, Nadav Kander, James Whitlow Delano e tanti altri.
Continua la sua ricerca personale con Carnet du lac lavorando esclusivamente in Grande Formato. Con il lavoro Gli occhi della memoria vince il premio “I luoghi dello spirito” e il progetto sarà editato da “The Caring Foundation”.
Si dedica ai procedimenti storici come la dagherrotipia e il collodio umido perfezionandosi all’estero con maestri di fama internazionale.
Nel gennaio 2006, Photo Selection, Canada, pubblica i suoi primi lavori al collodio umido e nel 2012 Réponses Photo _ Hors Serés 13 , lo elegge tra Le “milleures” photo du XXI siécle.
Da qualche anno si dedica esclusivamente al grande progetto Ruskin e il Grand Tour.
www.beniaminoterraneo.com
Il Conservatorio della Fotografia nasce dalla passione per la fotografia su pellicola e ha lo scopo di mantenere vive le tecniche e le conoscenze artigianali di stampa e di ripresa. Realizza, per fotografi e artisti, stampe dirette da negativo a colori e, in bianco e nero, nelle antiche tecniche.
Organizza corsi e workshop nella propria sede: una cascina del ‘500 a pochi chilometri da Milano, all’interno del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone. Il luogo ideale per condividere la passione per una fotografia “lenta” e “pensata”.
www.conservatoriodellafotografia.it
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